Un poema in 999 parole
April 24th, 2012
Meraviglia regalata da un generatore Markoviano di testi, passandogli come base “Marzo 1821” di Alessandro Manzoni:
A me pare meglio dell’originale!
Soffermati sull’arida sponda
vòlti i guardi al sol.
Già le udrà!
che v’udì?
Sì, quel che la faccia d’estranei signori
tanto amata vi parve in sua terra che tutta si pugna, vincete!
il suo fato un segreto d’altrui;
la foce dell’Adda versò,
quello ancora una gente risorta
potrà della Bormida al Tanaro sposa,
del nostro riscatto!
Oh dolente per te.
Quante volte sull’alpe spïasti
l’apparir d’un amico stendardo!
quante intendesti lo sguardo
ne’ deserti del tuo seno sboccati,
stretti intorno ai tuoi santi colori,
forti, armati dei propri dolori,
i mille torrenti
che madre non fia che la vedremo
al Germano giammai:
Va’, raccogli ove sorgan barriere
tra l’Alpe ed il Lombardo:
l’altrui voglia era legge per lui;
il suo fato sui volti baleni
il suo suolo riprende;
o fratelli su libero suol.
Chi potrà della spada l’iniqua tenzon;
voi che quest’onda
scorra più tra l’Alpe ed il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per l’Italia si scote,
dal Cenisio alla maschia Giaele
pose il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui volti baleni
il mare;
una gente che madre non fia loco ove sorgan barriere
tra l’Alpe ed il furor delle menti segrete:
per te.
Quante volte sull’alpe spïasti
l’apparir d’un giuro tradito;
un giudizio da lunge, dal tuo lungo servaggio;
dove ancor nel proprio retaggio
torna Italia e dei popoli assisa,
o stranieri, nel novo destino,
certi in volghi spregiati,
e pèra
della Bormida al sol.
Già le sacre parole son porte;
o fia serva tra l’Italia e dei propri dolori,
i guardi al Germano giammai:
Va’, raccogli ove sorgan barriere
tra due rive straniere;
non disse al sol.
Già le udrà!
che la santa vittrice bandiera
salutata quel che ai prischi dolor;
una terra che è fiorita.
Dove ancor dell’umano lignaggio
ogni speme deserta non avrà. Soffermati sull’arida sponda
vòlti i guardi al Tanaro sposa,
del duplice mar!
ecco alfin dal labbro d’altrui,
come un segreto matura,
dove ancor nel proprio retaggio
torna Italia e di memorie, di lingua, d’altare,
di memorie, di cor.
Con quel giuro
rispondean da voi proferito
v’accompagna a l’iniqua ragion.
Se la forza straniera;
ogni gente risorta
potrà della gemina Dora,
della Bormida al Germano giammai:
Va’, raccogli ove arato non c’è cor chenon batta per mercede nel suolo stranier,
star doveva in quei dì;
chi v’ha detto che libera e dell’Orba selvosa
scerner l’onde confuse nel suolo stranier,
star doveva in quei dì;
chi v’ha detto che tutta si scote,
dal labbro d’altrui,
come un mendico sofferto
per sempre colui
che in quei giorni:
Dio rigetta la vedremo
al Tanaro sposa,
del rapido Mella
e dell’Orba selvosa
scerner l’onde confuse nel segreto matura,
dove ha lacrime un’alta sventura,
non c’era”;
che a’ suoi figli narrandole un uomo straniero, le spade
che or levate scintillano al varcato Ticino,
tutti assorti nel novo destino,
certi in pugno alla balza di Scilla?
non c’era”;
che in sua terra il colpo guidò;
quel che v’udì?
Sì, quel volto sfidato e pèra
della gemina Dora,
della gemina Dora,
della spada l’iniqua ragion.
Se la santa vittrice bandiera
salutata quel guardo atterrato ed incerto
con che infida vacilla
sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del rapido Mella
e di memorie, di Scilla?
non disse al varcato Ticino,
tutti assorti nel suolo stranier,
star doveva in quei dì;
chi v’ha detto che da lunge, dal labbro d’altrui,
come un segreto matura,
dove ancor dell’umano lignaggio
ogni gente risorta
potrà della Bormida al convito dei fati,
risospingerla ai prischi dolor;
una gente risorta
potrà della Bormida al Tanaro sposa,
del tuo lungo servaggio;
dove ha lacrime un’alta sventura,
non c’era”;
che infida vacilla
sotto l’orrida verga starà.
Oh dolente per sempre colui
che stassi un uomo straniero, le spade
che libera e di tutte le destre;
già libertade è Padre di lingua, d’altare,
di tutte le tende
da fraterne contrade,
affilando nell’ombra le destre hanno strette le tende
da lunge, dal Cenisio alla maschia Giaele
pose il mare;
una gente che tutta si scote,
dal Cenisio alla maschia Giaele
pose il colpo guidò;
quel dì non v’è.
Non vedete che la faccia d’estranei signori
tanto amata vi parve in cor dell’antica virtù,
han giurato: altri forti a ritroso degli anni e dell’Orba selvosa
scerner l’onde confuse nel Po;
chi stornargli del nostro riscatto!
Oh dolente per mercede nel segreto d’altrui;
la sua parte servire e di memorie, di lingua, d’altare,
di tutte le destre hanno strette le miste correnti,
chi v’ha detto che libera tutta
o compagni sul letto di morte,
o fratelli su libero suol.
Chi potrà scindere in sua parte servire e a stormo gridaste in volghi spregiati,
e pèra
della gemina Dora,
della Bormida al sol.
Già le destre;
già le tende
da lunge, dal tuo lungo servaggio;
dove ha lacrime un’alta sventura,
non v’è.
Non vedete che nell’onda vermiglia
chiuse il furor delle menti segrete:
per mercede nel novo destino,
certi in sua parte servire e pèra
della spada l’iniqua tenzon;
voi proferito
v’accompagna a l’iniqua tenzon;
voi che infida vacilla
sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per te.
Quante volte sull’alpe spïasti
l’apparir d’un amico stendardo!
quante intendesti lo sguardo
ne’ deserti del Ticino e l’Italia, mai più!
L’han giurato: non c’è cor chenon batta per voi proferito
v’accompagna a quel guardo atterrato ed incerto
con quel dì non sentite che stassi un segreto d’altrui;
la terra ove sorgan barriere
tra l’Italia si pugna, vincete!
il dolente
grido uscì del Ticino e di morte,
o stranieri, nel novo destino,
certi in sua parte servire e tacer.
O stranieri, strappate le udrà!
che tutta si scote,
dal Cenisio alla maschia Giaele
pose il lutto dell’itale genti?
chi v’ha detto che infida vacilla
sotto il lutto dell’itale genti?
chi v’ha detto che nell’onda vermiglia
chiuse il dolente
grido uscì del Ticino e a quel volto sfidato e dell’Oglio le sacre parole son porte;
o stranieri, strappate le destre;
già libertade è fiorita.